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Antico mulino che sorge nella località di Bertocci.
Il mulino Bertocci fu tenuto in vita fino al 1921 da Gino Diddi, e nello stesso anno gli fu piantata accanto la torre di una centralina elettrica, nel cavo della valle sull'orlo dell'Ombrone chiamato Torbida, dal nome latino turbida che significa acqua turbolenta.
La centralina cominciò a spegnere la sua sete ingoiando acqua fino ad ubriacarsi.
L'acqua non bastava, qualcuno stabilì che la luce è più importante del pane e un bottaccio del mulino, quando il sole ebbe seccate le ultime goccioline, morì di sete, l'altro riusciva appena a frantumare una manciata di castagnucce secche.
Nell'ottobre del 1934 Giosuè Gualtieri, con i suoi quattro figli e con la figlia Cesarina, lo rimise in funzione regalandogli soltanto qualche anno di vita. Il tempo ha cancellato le rughe e le pieghe impiastricciate del vecchio mulino, soppiantandolo con nuove abitazioni. Per raggiungerlo c'era un poetico ponte di legno, che non era fatto per le automobili, ma per essere calcato da scarpe e zoccoli.
Quel ponte è rimasto fino a non troppi anni fa, ed ha sfidato il tempo meglio di tanti suoi fratelli di cemento. Là dove c'era il mulino non si sentono più rotolare le cinque macine "corridore", non tremolano più le tramogge, non cigolano più le nottole e non ci sono più gli specchi dei due bottacci dove l'acqua si intimoriva quando andavano ad appoggiarvi le labbra i cavalli. Nelle stanze che davano rifugio a montagne di pippoli di grano ed a tante famiglie di topi, si ammucchiano oggi tante famiglie di uomini, che la farina la comprano dal fornaio, ed è quasi un oltraggio.